Convento di San Martino.


Non è nostra consuetudine iniziare con delle premesse ma non a caso abbiamo deciso di cominciare il nostro racconto da qui, dall'ex convento dei frati cappuccini di San Martino, da poco restaurato e vittima di secoli a dir poco nefasti. Speriamo sia di buon auspicio anche per le altre strutture della nostra amata Città.
I conventi rappresentarono una ricchezza per i territori e furono il punto di riferimento per l’educazione scolastica e spirituale.
Insomma ci si affidava per tutta la vita: dal battesimo alla sepoltura passando per il matrimonio. Il solo osservare una di queste magnifiche ed incantevoli strutture produce quella sensazione di serenità e sicurezza, quella sensazione di casa e di quotidiano scandita dal rintocco delle campane per segmentare il tempo che scorreva.
Ad un certo punto della storia, però, qualcuno decretò la loro fine chiudendo i conventi con meno di 12 religiosi al suo interno. Badate bene: era davvero difficile che si raggiungessero tali unità.
Diversi artefici si resero protagonisti di tale scempio, come i francesi nel periodo del loro "Decennio" di dominio nel Regno delle Due Sicilie, nel quale decisero di sottomettere la Chiesa e in pratica di distruggere anche le strutture, istituendo anche il "Catechismo Imperiale" dove le giovani generazioni dovevano apprendere le dottrine della Chiesa.
I monaci, caddero subito sotto gli strali governativi, considerando soprattutto che i Bonaparte avevano anche acquisito, se così si può dire, la facoltà di nominare vescovi e cardinali ovviamente a loro compiacenti. Si cominciò, quindi, ad accusarli di scarso attaccamento alla Patria e di essere avversi al "Nuovo Ordine" che si andava instaurando. Il tutto accadde - così come per i Cavalieri Templari – al fine di mascherare le reali e smaniose necessità di incamerare beni e denaro per sostenere i loro ingenti bisogni; sta di fatto che dal 1806 al 1808 i monasteri furono vittima anche dell'uomo e non solo più del tempo.
Non diversa sorte, anzi forse addirittura più subdola, si ebbe con l'Unità d'Italia dove la tranquillità, seppur breve post "Decennio Francese", scomparve di nuovo quando a seguito delle leggi sull'incameramento dei beni ecclesiali da parte dello Stato Italiano del 7 luglio 1866, si verificò una nuova soppressione per gli stessi identici motivi (quelli veri, gli ufficiosi, e non gli ufficiali dei francesi), con l'aggravante, anzi con beffa finale potremmo tranquillamente dire, da parte dei piemontesi di impoverire il Sud-Italia una volta caduti i Borboni.
Chiaro esempio fu lo svuotamento delle casse del Banco di Napoli su treni speciali diretti verso Nord. Certo è che la storia del convento dei Cappuccini, come detto in precedenza, sia di buono augurio affinché i monasteri diventino di nuovo "Centro del Villaggio" in ambito spirituale, strutturale e sociale.

La storia. Il convento di San Martino, edificato nel 1575 dai PP. Cappuccini con il cospicuo aiuto da parte dei nostri antenati dell'epoca, fu pensato fin da subito lungo la strada "Ariana" la quale già dal nome stava ad indicare un'ottima salubrità dell'aria, un ottimo soleggiamento e il suggestivo panorama che ancora oggi permette di aguzzare con la vista la punta di Agropoli.
Un importante ruolo lo giocò la sede vescovile campagnese contribuendo in maniera importante anch'essa, non solo materialmente ma anche spiritualmente, aiutando a perseguire le direttive del movimento contro-riformistico sancito nel Concilio di Trento svoltosi dal 1542 al 1563.
Istanze che furono vere e proprie linee guida nel ripristinare le regole basilari dei monasteri come la conservazione e l'amministrazione dello stabile, della clausura dei prelati, ma soprattutto, della povertà e della preghiera quale unico e vero filo conduttore della vita dei monaci.
Per la parte economica, invece, gioco-forza la fecero i Signori del posto i quali sborsarono cifre generose per l'edificazione della struttura.
La storia, come detto, si sviluppa all'inizio del XVI secolo, da noi definito "Secolo Aureo" per Campagna. Ciò lo si può dedurre anche per la continua espansione del territorio e i conventi furono i protagonisti che donarono esempi virtuosi come il rafforzamento della "famiglia" Francescana con l'instaurazione di ben tre conventi: quello degli Osservanti della Concezione, questo di San Martino (entrambi al di fuori dell'allora centro abitato) e quello di San Filippo e San Giacomo.
Questi si aggiunsero ai già presenti monasteri del Santo Spirito, della Maddalena, dei Domenicani di San Bartolomeo, dei Francescani Riformati di Santa Maria d'Avigliano, degli Agostiniani dell'Annunziata, dei Camaldolesi nell'allora mantenimento di Puglietta e dei benedettini di Santa Maria la Nova.
Voluto fortemente dai cittadini, poiché constatarono il bene che i frati cappuccini facevano nella vicina Eboli, le vicende che portarono alla fondazione del convento presero vita formalmente il 30 marzo del 1573, quando il Canonico della Collegiata di Campagna, don Giovanni Antonio Porcelli, acquistò tutto il territorio in loc. San Martino con lo scopo di donarlo ai frati e ai suddetti benevoli e di edificarvi un convento oppure un ospedale.
La proprietà apparteneva alla nobildonna locale Geronima Verticello, che però doveva necessariamente venderla in piazza pubblica con base d'asta di 200 ducati d'argento. Il 30 marzo appunto, si diede il via alle operazioni d'acquisto e la cittadinanza, che nel frattempo era venuta a conoscenza delle buone e nobili intenzione del Canonico Porcelli, non si intromise nelle operazioni lasciando campo libero al prelato di portare a termine in suo progetto senza intoppi.
Da questo momento in poi inizia la storia del monastero: i lavori ebbero inizio il 20 aprile del 1575, anno del Giubileo Straordinario indetto a Roma da papa Gregorio XIII, con la benedizione della prima pietra da parte del vescovo dell'epoca mons. Girolamo Scarampi.
L’edificazione fu celere tant'è che nel 1582 avvenne la ratifica del contratto tra i frati e la nobildonna Verticello nel mentre era già stata completata la costruzione della chiesa e del convento. La dedica della chiesa a San Martino risultò immediatamente insolita per la tradizione cappuccina: essa rappresenta una sorta di anomalia giacché trattasi di un santo estraneo all'Ordine Serafico. È possibile trovare la spiegazione in una cappella pre-esistente posta a tal nome e, a rafforzarne la tesi, possiamo riprendere uno scritto sempre del De Nigris del 1691 che asseriva che nelle zone di edificazione del convento via era un cenobio appellato proprio a San Martino e che nella vicinissima Carapiglia vi era una parrocchia omonima.
I lavori, comunque, furono ultimati nella primavera del 1580 e la consacrazione della chiesa avvenne qualche anno più tardi, precisamente nel 1594. Tra queste mura molta storia è passata con avvenimenti di assoluto valore come quando - sempre secondo il De Nigris - nel 1691 vi si verificò un prodigio: si narra che in un periodo di forte austerità vissuto dai frati a causa di mancanza di scorte alimentari, ferventi furono le preghiere fino a quando un giovane dall'aspetto angelico bussò alla porta del convento carico di scorte di cibo e bevande. Padre Mariano, all'epoca reggente del convento, non fece in tempo a distogliere lo sguardo da tanta abbondanza che di quel giovane non ci fu più traccia scomparendo nel nulla subito dopo.
Andando avanti con gli anni, documentiamo la realizzazione dell'altare maggiore (oggi presente, al fine di salvaguardarlo, nella chiesa di Monte dei Morti dedicata alla Beata Vergine del Carmelo nel centro storico di Campagna) nel 1763, dove vi fu collocata la statua dell'Immacolata Concezione, nel frattempo divenuta protettrice dei Cappuccini.
Il convento si presentava, e tutt’ora si ripresenta, su tre livelli e vista la particolare orografia del posto possiamo dire tranquillamente che rappresenta un'interessante opera architettonica se teniamo conto della ripidità dove è stato edificato.
Il convento, dunque, si compone di un giardino, di una chiesa, del convento e del sepolcreto. La seconda è a pianta e navata unica con delle cieche sul lato sinistro e composta da sei cappelle, suddivise tre sul lato destro e altre tre sul lato sinistro.
A completare l'ambiente vi sono alcuni locali sotterranei un tempo adibiti a sepolcreto nel quale venivano seppelliti, fino all'editto di Saint Cloud, i monaci, parte del clero e sicuramente uomini e donne che appartenevano alla nobiltà del posto.
Apparentemente povero e scarno, il Sepolcreto lo si può apprezzare da una serie di archi posti in sequenza che enfatizzano la prospettiva con una via di fuga alla fine del percorso. Il convento, invece, presenta un bellissimo chiostro con due pozzi al suo interno, a dimostrazione che i monaci ci tenevano molto alla raccolta delle acque.
Le celle si presentano come un luogo angusto, con il minimo necessario, tale da castigare il fisico e votarlo tutto verso lo spirito, così come la dottrina brillantemente descritta dal Borromeo imponeva.
Di notevole fattura, sempre nel piano del convento, è l'affresco datato di fine '600, dell'ultima cena di Gesù presente nella sala della mensa, restaurato recentemente e ancora oggi ben visibile. Oggi la struttura si impone come centro di aggregazione sociale, disponibile ad ospitare attività di natura associativa ed eventi sia istituzionali che privati.
Questo testo è stato prodotto consultando gli scritti e i lavori del compianto Lucio Ganelli, a Lui dedichiamo questa pagina..
Testo a cura di Cristian Viglione.
Revisioni: Francesco Pezzuti.

Gallery


Trailer del quarto episodio del format "Piacere, Campagna." riguardante la chiesa e il convento.


 

 

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi