Monastero dei Camaldolesi
Nato dagli omonimi frati, il monastero è datato seconda metà del 1500, alle dirette dipendenze del monastero napoletano e fu edificato nell'allora mantenimento di Puglietta, distaccato dal centro abitato e dai villaggi nelle vicinanze.
Il rapporto tra i monaci e questo convento lo si può definire “burrascoso”: leggenda narra che i frati inviati a Campagna furono distaccati più per confino che per uno prospero ordinale. Si dice, infatti, che i prelati qui residenti non furono proprio degli "stinco di santo", giacché dal convento di Napoli sarebbero stati inviati da noi perlopiù avventurieri e malfattori 1 che dedicarono loro vita ai piaceri della carne più che dello spirito. Addirittura alcuni di loro ebbero la censura ecclesiale, mentre per altri vi erano anche accuse di crimini e delitti.
Furono accusati inoltre, durante la loro permanenza nel nascente monastero campagnese, di vessazione e truffe. I monaci approfittando dei contadini del posto e della loro bontà di spirito, si accaparrarono ingenti lasciti, donazioni e intere proprietà in cambio di imbrogli, abusi e false promesse; addirittura si narra di indulgenze per accesso al Paradiso.
La struttura, di notevole bellezza, all'inizio comprendeva di due frantoi a trazione animale per la molitura delle olive, di attrezzature per lavori di mietitura e, successivamente, divenne anche punto di produzione del grano per il convento di Napoli.
In origine l'entrata della cappella si trovava all'interno - ad uso quasi esclusivo per i soli frati – in seguito, per senso di gratitudine verso le tante "donazioni" ricevute, fu edificata una nuova chiesetta dedicata a Santa Maria Domenica con un nuovo ingresso che volgeva verso l'esterno.
Nel 1811 a seguito delle leggi napoleoniche, molti beni soppressi ai monasteri della Maddalena, degli Agostiniani e dei Francescani sarebbero dovuti passare sotto il controllo dei camaldolesi; il Comune però, insospettito di questi passaggi poco chiari, si oppose duramente alla consegna dei registri, deplorando la cattiva condotta dei frati napoletani e, tramite una lettera al vescovo Lupoli, il Sindaco dell'epoca Domenico Filiuli, esortava l'alto prelato a non concedere loro i beni dei monasteri sopracitati, operazione che però non sortì gli effetti sperati. Ironia della sorte, accade che, a distanza di qualche anno nel 1866 quando dopo l'Unità d'Italia fu soppresso anche questo convento, i frati furono costretti a lasciare la struttura, tra la felicità dei cittadini del posto dopo le continue angherie e vessazioni subite.
La struttura fu occupata in un primo momento come sede distaccata dei Carabinieri di Campagna e nel 1938 fu messo all'asta e acquistata dal campagnese Antonino Nicola Copeti e successivamente rivenduta dallo stesso al Banco di Napoli, da cui fu rilevata da una delle famiglie D'Ambrosio, di cui ancora oggi ne sono proprietari.
Oggi la struttura della Coop. social R-Accogliamo, dedita alla produzione di prodotti locali tramite progetti di inclusione, accoglienza e socialità. Noi di Città di Campagna ci complimentiamo con la cooperativa per la bella realtà che hanno saputo mettere in piedi.
Testo a cura di Cristian Viglione.
Revisioni: Francesco Pezzuti.