Museo della Memoria e della Pace - Centro Studi "Giovanni Palatucci".


Il Museo regionale Itinerario della Memoria e della Pace - Centro Studi “Giovanni Palatucci", è l'unico museo della memoria in Campania, è stato istituito nel 2008 per raccontare la triste vicenda che abbiamo vissuto durante la Seconda Guerra Mondiale quando, in seguito alle leggi razziali, si decise di istituirvi due centri di internamento per prigionieri politici ed ebrei.
L'ex convento Francescano degli Osservanti della Concezione (oggi ridotto a rudere) fu adibito, seppur per poco tempo, a campo di internamento femminile e quello Domenicano di San Bartolomeo a campo maschile, oggi sede del Museo, all'epoca il campo pre-esistente più grande del Sud Italia.
La scelta dei luoghi è dettata dalla situazione orografica che contraddistingue il centro storico di Campagna: Situati su due versanti completamente opposti e interamenti circondati dai monti che compongono l'antico centro abitato e con un'unica via d’accesso.
In questo contesto ambientale e storico si andò delineando quella che, per vari aspetti, amiamo definire “la storia diversa” di Campagna, caratterizzata dal tacito assenso delle autorità locali, dall'umanità degli abitanti di Campagna, ma soprattutto dalla figure e dall’operato di Giovanni Palatucci, Vice Questore e reggente dell'ufficio stranieri della Questura di Fiume e dello zio, Mons. Giuseppe Maria Palatucci, Vescovo della Città di Campagna.
Giovanni Palatucci, "Giusto tra le Nazioni", si è prodigò a rischio della propria vita, per salvare da morte sicura migliaia di ebrei, fornendo permessi speciali, attuando azioni di depistaggio e favorendo la fuga all’estero e l’instradamento nei centri italiani meno esposti alle leggi razziali.
Quando non riusciva a salvare i profughi ebrei nell’area di Fiume, attraverso una fitta rete di aiuti e con il supporto dello zio, li conduceva all’ ex Convento di San Bartolomeo, ben lontano dai luoghi dello sterminio. Tra lo zio vescovo e il nipote commissario si instaurò una singolare intesa di solidarietà volta ad un’affettuosa azione di salvataggio dei perseguitati.
Giovanni Palatucci, una volta scoperto dai tedeschi con l’accusa di collaborazionismo con il nemico, venne arrestato per ordine del comandante Kappler e, successivamente, deportato nel campo di sterminio di Dachau. Gli stenti e le sevizie del campo ne stroncarono l’esistenza alla vigilia della liberazione del campo, a soli 36 anni (10 febbraio 1945).

Gli ebrei a Campagna.
Il 16 giugno 1940 arrivarono a Campagna nel campo della Concezione i primi trenta internati di cui 22 italiani e 8 stranieri, tutti segnalati come elementi pericolosi. In conseguenza del fatto che i due campi di concentramento non garantiscono la presenza dello spazio minimo per muoversi, così come stabilito dalla Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra, agli internati era consentito passeggiare liberamente in paese rispettando l’ambito delle zone autorizzate, delimitate da strisce di pittura colorata sul manto stradale e da tabelle di legno scritte in più lingue poste all’uscita del paese; tali zone non potevano essere otrepassate se non con permessi speciali concessi dalla direzione.
Grazie alla compiacenza delle autorità, dell’intera cittadinanza e delle forze dell’ordine addette alla sorveglianza, che spesso “chiudevano un occhio”, gli internati più volte oltrepassano le zone delimitate, senza tuttavia arrecare alcun danno a cose o persone. Il commissariato si trovava a metà strada tra i due conventi, nel palazzo vescovile, dove erano collocati gli uffici della direzione dei campi, guidati inizialmente dal commissario di polizia Eugenio De Paoli. Qui gli internati venivano “schedati” per poi essere destinati ai campi.
Il percorso che essi attraversano per raggiungere San Bartolomeo consisteva nell’attraversare il corso principale, il ponte in piazza Guerriero e, costeggiando la Cattedrale, la ripida salita di via San Bartolomeo, era accessibile solo a piedi perché era gradonata.
Fin da subito quindi fu chiara un'inaspettata e dolce anomalia rispetto alle altre realtà di altri territori, l'integrazione e la tolleranza che il "contesto campagnese" seppe donare, a testimoniare inoltre quanto scritto ci fu, grazie anche al sostegno morale e materiale della Delegazione per l'Assistenza degli Emigranti Ebrei “DELASEM", la vita pressochè "tranquilla" di comunità degli internati, tra le tante attività che gli furono concesse e che furono svolte ci furono addirittura la presenza di un coro e di una piccola orchestra che organizza concerti musicali, rappresentazioni teatrali e mostre di pittura, la redazione di un giornale ciclostilato in lingua tedesca, appassionate partite di calcio, l’allestimento di una sinagoga, la possibilità di consultare migliaia di libri della biblioteca del seminario e di impartire lezioni di lingue straniere ai giovani del posto. Cose che oggi appaiono normali, ma di sicuro non lo erano per l'epoca.
Gli internati, quasi sempre ritratti in giacca e cravatta, possono addirittura fittare camere mobiliate nel paese e, senza necessariamente svolgere nessun tipo di lavoro, ricevere un sussidio giornaliero. Nulla cambiò per gli internati del luglio 1943, in seguito alla cattura di Mussolini.
Ma nei giorni successivi all’annuncio dell’armistizio, essi vengono formalmente prosciolti dal direttore del campo in base alle relative disposizioni emanate dal capo della polizia e per mettersi al sicuro dai bombardamenti scapparono sulle montagne circostanti. In quei giorni, infatti, Campagna subì due gravi bombardamenti da parte delle forze Anglo-Americane: il più tragico in piazza Mercato il 17 settembre 1943 causò 177 morti, in gran parte civili. Gli ebrei in fuga, resosi conto della tragicità di quell'evento, decisero di tornare indietro e fornire aiuti ai medici locali ma sopratutto cure ai tanti feriti, probabilemente per contracambiare l'aiuto e il supporto ricevuto negli anni addietro. L’aviazione alleata, infatti, attirata da un camion della Wehrmacht parcheggiato nei pressi del municipio, proprio mentre una folla di civili si accalcava per ricevere la razione di pane, sganciò diverse bombe provocando un disastro.
I medici ebrei che erano fuggiti dal campo, nonostante la situazione di pericolo e la possibilità di essere catturati dai tedeschi, si recarono sul posto della strage, dapprima soccorrendo i feriti e poi, per scongiurare il pericolo di epidemie, bruciando i cadaveri .

Il Museo oggi.
Attualmente il Museo è inserito nel sistema museale territoriale della Regione Campania che ha tra gli scopi principali l’organizzazione di attività didattiche ed il collegamento con il mondo della scuola, dell’università, delle istituzioni culturali e della ricerca; tutto ciò assume un’importanza ancora maggiore alla luce di un distorto revisionismo storico che tende a sminuire gli avvenimenti che hanno portato ad un passo dallo sterminio degli Ebrei in Europa. Infatti, estinta quasi del tutto la generazione che è stata protagonista di quegli eventi storici, si pone la necessità di trasferire alle nuove generazioni la prova certa dell’accaduto per evitare che egli errori commessi si possano ripetere.
L'itinerario della Memoria e della Pace si snoda lungo una mostra permanente di pannelli fotografici che ripercorrono l'intera storia con documenti e immagini della Shoah. Ma la mostra permanente non è solo un itinerario della Memoria, nel ricordo di uno dei periodi più bui dell'Italia degli anni ‘40: è soprattutto un itinerario della Pace, nel ricordo sempre vivo per la città , della carità e della immensa umanità con la quale l'intera comunità di Campagna ha alleviato le sofferenze dei tanti profughi internati in questo spazio. Sala introduttiva con proiezione semi olografica.
La postazione immersiva ha lo scopo di coinvolgere ed emozionare il visitatore mediante l’istallazione di un holoscreen su cui è proiettato un video introduttivo che racconta la vicenda di Eugenio Lipschitz (1883-1944), ebreo ungherese internato a Campagna dal 28 Luglio al 22 dicembre 1940. Attraverso la proiezione olografica, il personaggio virtuale cattura l’attenzione del visitatore, accompagnandolo per mano attraverso i suoi ricordi e la sua esperienza nel campo di internamento di Campagna.
La galleria fotografica si articola nei corridoi del quadrilatero del primo piano. Il visitatore troverà 24 espositori con 48 pannelli fotografici bilingue (italiano-inglese). Dalle prime foto di Giovanni Palatucci a Montella, suo paese natio in provincia di Avellino, ai documenti sull’emanazione delle leggi razziali, dalle mappe dei campi di internamento in Italia, a quelli di concentramento e di sterminio in Europa. La condizione degli ebrei nei ghetti e nei lager, allo sterminio di massa e a quello sistematico denominato T4 (eliminazione di persone disabili e malati di mente).
Concludono il percorso i documenti che testimoniano la collaborazione tra il nipote questore e lo zio vescovo, tra quest’ultimo e la Santa Sede in favore degli ebrei, come testimonia la mostra permanente sul "Caso Hoffmann".
La sala del memoriale, descrive il destino degli ebrei internati a Campagna, vengono presentati diversi stili di vita dal punto di vista sociale, nazionale, culturale e religioso. Nel campo di San Bartolomeo tra il giugno del 1940 e l’8 settembre del 1943 giunsero centinaia di ebrei tutti adulti, maschi e stranieri, ad eccezione di un’unica donna ebrea internata per un breve periodo e di alcuni confinati politici. Tra loro decine provenivano da Fiume e dalle terre irredenti dell’Istria. Le storie degli ebrei internati a Campagna rispecchiano la verità delle culture che caratterizzavano la vita degli ebrei europei prima dell’olocausto.
Le storie qui illustrate mettono in luce l’integrazione tra gli internati del campo e la popolazione di Campagna. Cartine geografiche, fotografie dell’epoca e documenti personali testimoniano la dissoluzione del popolo ebraico e del contrasto tra ciò che accadeva nel resto dell’Europa e il trattamento riservato loro dalle autorità, gli addetti alla sorveglianza e l’intera comunità campagnese. I documenti esposti stimolano approfondimenti per studi e ricerche.
Gli spazi della vita quotidiana sono invece possibili da visitare al primo piano, luoghi emblematici degli ebrei all’interno del camposono la la sinagoga e la camerata, all’interno di questi spazi sono ben visibili suppellettili per i momenti di preghiera.
Nel campo di San Bartolomeo sono stati internati ben tre rabbini: l’apolide, ex polacco Blaufeld Wolf, lo slovacco Epstein Bernardo e l’apolide – ex italiano David Wachsberger, officiante nella sinagoga di Fiume.
La sala dei nomi e la via della fuga: Sulle pareti della piccola stanza del museo sono indicati i nomi, i cognomi, le date di nascita, le paternità, le nazionalità e le professioni degli ebrei internati nel campo di San Bartolomeo.
Lo spazio è arricchito da un gioco di luci ed ombre, appositamente studiato per simboleggiare la vita e la morte, con un faro luminoso nell’oscurità verso la finestra che simboleggia la salvezza e la via della fuga. Infatti, nei giorni successivi all’annuncio dell’Armistizio dell’8 settembre 1943, nonostante le intimidazioni da parte dei tedeschi, essi vengono liberati dal direttore del campo proprio attraverso quella finestra; l’operazione, concordata con le autorità del posto e dal Vescovo, permetterà agli ultimi internati di scappare sulle montagne circostanti mettendosi al sicuro dai bombardamenti.
La sala della Shoah invece è per alcuni aspetti, la sala dall’impatto emotivo più notevole, si capisce subito la differenza tra gli ebrei deportati nel resto d’Europa e quelli internati nella città di Campagna. Pannelli riassuntivi sui luoghi della shoah, sui numeri dello sterminio, sull’etimologia del genocidio. Brani tratti dal diario di Anna Frank, studi sulla inesistenza delle razze umane fatte dal genetista Guido Barbujani, testimonianze dei sopravvissuti all’olocausto e dichiarazione universale dei diritti dell’uomo corredano le pareti della sala. Sullo sfondo si intravede il binario della morte con il famigerato cancello del campo di sterminio di Auschwitz. Oggetti della sala sono i pannelli che riprendono le scarpe, gli occhiali e le valige appartenuti agli ebrei durante la deportazione.
La sala emozionale intitolata a Mons. Giuseppe Maria Palatucci, recentemente restaurata e aggiornata sia nei contenuti che nel design, offre la possibilità di vedere quattro proiezioni sincronizzate (disponibili con sottotitoli in inglese) raccontano in modo emozionale, attraverso il montaggio di video, fotografie, documenti storici e animazioni il percorso che i deportati erano costretti ad affrontare dalle loro città di origine al campo di internamento di Campagna.
Tutta la vicenda degli ebrei a Campagna è articolata in quattro cortometraggi sequenziali della durata di circa 2 minuti:
1- l'arresto, la deportazione, i luoghi di provenienza, il ruolo di Giovanni Palatucci e dello zio Vescovo Giuseppe Maria Palatucci nello smistamento degli Ebrei da Fiume a Campagna;
2- il viaggio, le sensazioni, l'incertezza e l'attesa;
3- l'arrivo a Campagna;
la vita nel campo di internamento, la convivenza con la popolazione locale, lo zio Vescovo di Campagna;
4- Lo sbarco alleato, la fuga e la fine dell’internamento, la tragica fine di Giovanni Palatucci. In questo modo il visitatore può vedere i filmati in circa 8 minuti passando da una postazione all'altra.
È cosi possibile ripercorrere virtualmente i momenti diversi della vita di un deportato, collocando cronologicamente le fasi della deportazione e della permanenza a Campagna. I video singoli non hanno una narrazione cronologica ma mostrano una serie di immagini, volti, luoghi e parole, frammenti di memorie (lettere e diari speakerati) per cercare di ricreare l'emozione di un dato evento.
Lo scopo principale della sala emozionale è quindi quello di tracciare un profilo emotivo di una storia (quella dei deportati a Campagna) e attraverso un linguaggio emozionale raccontare i protagonisti e i luoghi, una sorta di "trailer" del museo nel quale è possibile raccogliere stimoli e spunti che si possono approfondire nelle altre sale.
Sempre al piano terra, è possibile visitare la sala medica intitolata ai medici ebrei Max Tanzer e Chaim Pajes. Nella sala si racconta in maniera “emozionale” l’eroico operato dei due medici internati nei momenti immediatamente successivi al bombardamento del 17 settembre 1943.
Conlude il tour La sezione donne e Shoa. Questa sezione del museo, curata per la parte didattica dagli alunni e dai docenti dell’istituto d'Istruzione superiore “Teresa Confalonieri” di Campagna, è dedicata a "Donne e Shoah". Una piccola biblioteca e videoteca raccolgono documenti e testimonianze sulla Shoa e in particolare sulla condizione femminile nei campi di sterminio.
Per tutta questa storia narrata, nel 2006, il Vescovo Palatucci e la Città di Campagna sono stati insigniti da parte del Capo dello Stato Giorgio Napolitano della Medaglia d’Oro al Merito Civile.
Testo a cura di Cristian Viglione.
Testi estratti dal sito del Museo della Memoria e della Pace - www.museomemoriapalatucci.it.

Gallery


Trailer del terzo episodio del format "Piacere, Campagna." riguardante il Museo.


Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi